Dopo l'uso dei messaggi subliminali in terapia e l'invenzione della terapia stradegica,è oggi impegnato a studiare i meccanismi psicologici che permettono di diventare fortunati

Claudio Ciaravolo Psichiatra

Claudio Ciaravolo si laurea in medicina e chirurgia nel ’77, nel minimo del tempo e col massimo dei voti, con una tesi di laurea in psichiatria sui messaggi non verbali nella comunicazione di gruppo. Proprio in quegli anni la scuola di Palo Alto, in California, aveva scoperto che alcuni disturbi psichici derivano dalla prolungata esposizione ad una serie di messaggi non-verbali (gesti, toni di voce, espressioni del volto) che esprimono rifiuto e sconferma. Questi messaggi sono involontari e subliminali, perché passano “sub-limen”: sotto la soglia della coscienza. Né il mittente, né il destinatario ne hanno consapevolezza. A volte, sono addirittura le mamme a inviare (senza volerlo, e senza rendersene conto) dei messaggi di questo genere ai propri figli. Con conseguenze devastanti sul loro equilibrio mentale. Questo nuovo approccio al disagio psichico suggerì a Claudio Ciaravolo un’idea: chi di spada perisce, di spada guarisce. In altre parole: se certi messaggi nascosti sono così potenti da far ammalare, perché non provare a utilizzarli per ottenere l’effetto opposto: cioè, per guarire? Nel 1978 Claudio Ciaravolo cominciò così a sperimentare la possibilità di mandare ai propri pazienti dei “messaggi nascosti” capaci di spingerli a sentirsi bene. Prendeva forma la “terapia subliminale”: un nuovo tipo di terapia che prevedeva l’elaborazione e l’invio di messaggi nascosti. Ma per poter inviare questi messaggi senza che il p. se ne rendesse conto, bisognava nasconderli bene. Claudio Ciaravolo si accorse rapidamente che i nascondigli migliori per i messaggi subliminali erano le storie. Sceglieva dunque una storia che non aveva alcun punto di contatto con quel paziente e coi suoi problemi, e poi ci inseriva dentro un messaggio terapeutico, costituito da una frase frammentata secondo una tecnica detta “disseminazione”. A rimettere insieme il messaggio “smontato” ci pensava, senza che il paziente se ne rendesse conto, il suo ED: la parte emozionale del cervello, (responsabile delle risposte-automatiche a corto circuito che tanta importanza hanno nella genesi del sintomo) che – sempre a livello inconsapevole – elaborava poi il messaggio ricevuto, dando vita a un nuovo comportamento. Contrariamente a quanto accade con i messaggi terapeutici diretti, i messaggi indiretti (subliminali) che vanno all’ED hanno il vantaggio di tagliare fuori la parte razionale del cervello: l’ES., in cui risiedono i pregiudizi contro il cambiamento. Con l’impiego dei messaggi subliminali, l’ES non si accorge neppure di aver ricevuto un messaggio, e dunque non può sabotarlo con il proprio eventuale scetticismo. Per rendere l’operazione ancor più efficace, spesso Claudio Ciaravolo raccontava la storia alla fine della seduta, quando il p. era ormai sulla porta: incuriosito e catturato dal racconto, questi non si rendeva assolutamente conto che il momento più importante dell’intera seduta era proprio quello. Per nascondere al meglio i suoi messaggi terapeutici Claudio Ciaravolo sceglieva le storie col più alto indice di gradimento. Quelle capaci di assorbire tutta l’attenzione dei pazienti, e di tenere impegnato il loro ES. Le più gradite si rivelarono le storie straordinarie (nel senso di “extra-ordinarie”: fuori della norma) e imprevedibili, spesso con un finale a sorpresa. Quando avevano a che fare con lo sport, il sesso, il sangue, la salute, ecc., il loro appeal diventava ancora più grande. Scoprì anche che gli argomenti più graditi cominciavano tutti con la lettera “esse”, anche se questo non portò ad alcun risultato apprezzabile. La scoperta dell'inflessibilità in tutti i suoi pazienti,invece lo aiutò a perfezionare la terapia subliminale. Non tutti i soggetti in-flessibili (nel senso di rigidi: poco duttili) sono pazienti psichiatrici, ma tutti i pazienti di uno psichiatra sono “in-flessibili”. La scarsissima elasticità (mentale) è infatti un tratto assolutamente tipico di chi si rivolge allo psichiatra. I soggetti “inflessibili” considerano la propria visione di se stessi e del mondo non come una semplice “mappa”, e dunque solo una rappresentazione della realtà, ma come una verità immutabile, e dunque intoccabile. Riassumibile in due semplici frasi: “Io sono fatto così”, e “il mondo è fatto così”. Partendo da una simile premessa, non è ovviamente possibile cambiare niente: né le cose, né se stessi. Quindi, se si sta male, non si può far altro che soffrire. Ma i comportamenti scaturiscono dalle mappe: poiché sono convinto che le cose stanno in maniera X (mappa), faccio Y (comportamento). A questo punto C ebbe un’idea: perché non provare una terapia capace di intaccare direttamente la mappa, la madre di tutti i comportamenti? C sperava che questo intervento terapeutico nuovo, che andava dritto alla radice del problema, potesse aiutare i pazienti inflessibili, che si fabbricano il malessere con le proprie stesse mappe. L’ intervento consisteva nell’inviare al paziente messaggi nascosti che mettessero in dubbio i suoi radicati sistemi di credenza.Attaccare le mappe significava andare a monte del comportamento che fa star male il paziente, I comportamenti derivano infatti proprio dalle nostre mappe: cioè dalle convinzioni che abbiamo, e che ci obbligano a comportarci di conseguenza. Se - ad esempio - pensiamo che il mondo è cattivo, difficilmente guarderemo alla gente in modo fiducioso e amichevole. Nasceva un intervento più complesso e articolato: la terapia subliminale “strategica”. Utilizzando le sue già collaudate tecniche subliminali (i messaggi nascosti), Ciaravolo istillava nei suoi pazienti il dubbio che la mappa che generava i comportamenti non desiderati non fosse immutabile. Cioè, che la si potesse modificare. Questo bastava perché si innescasse, quasi in automatico, la ricerca di nuove possibili mappe. La mappa unica (in quanto vera: la verità, si sa, è una) lasciava così il posto ad infinite possibili mappe. Ogni nuova mappa era in genere più funzionale della vecchia: ma - quel che più conta - non era più considerata immodificabile. Era quindi, pronta ad essere cambiata, se ritenuta non vantaggiosa, tante volte quante ne servivano a produrre benessere. Da quel momento - era il 1980 - Claudio Ciaravolo decise di utilizzare questo nuovo approccio terapeutico con tutti: e i risultati gli diedero ragione. Agendo sulle cause (le mappe) e non sugli effetti (i comportamenti), la terapia subliminale strategica risultava infatti più efficace in ogni circostanza. Alcuni pazienti però non riuscivano a fare tutto il percorso. In loro, (contrariamente a quanto accadeva per gli altri), il messaggio nascosto che metteva in dubbio l’effettiva realtà della propria mappa non riusciva a provocare quell’effetto-cascata che doveva condurli a una mappa nuova. Le loro mappe (e quindi, anche i loro atteggiamenti e comportamenti) si erano ormai consolidati in una certa direzione, e di là non si smuovevano. C capì che con loro non ci volevano parole, ma fatti. Questi pazienti rigidi, che non traevano alcun giovamento dalla terapia subliminale strategica, erano in effetti delle persone concrete, poco portate alla psicologizzazione: per loro, quello che conta nella vita sono i fatti. Non che abbiano torto: i responsabili delle nostre mappe sono proprio i fatti, “trattati” con un procedimento psicologico che si chiama generalizzazione. Ciascuno di noi ricava dalle proprie esperienze delle “leggi” generali sul funzionamento del mondo, e teorizza che le cose stanno in questo o in quel modo. Non esiste un numero di esperienze abbastanza alto da permettere una “generalizzazione” adeguata: è buona norma, comunque, cercare di accumulare una certa quantità di dati, prima di tirare le conclusioni. Ma è soprattutto necessario tener bene in mente che generalizzare vuol dire sempre e comunque semplificare. Se riusciamo a ricordarcelo, siamo disponibili a sostituire le “leggi” che ci siamo fatti con altre leggi (altrettanto precarie, ovviamente), nel caso in cui le successive esperienze che facciamo le dovessero mettere in crisi. Ebbene, gli “inflessibili” di cui stiamo parlando si contraddistinguevano per essersi accontentati assai spesso, nel tracciare la propria mappa, di un numero di fatti (cioè di esperienze) piuttosto scarso. E specialmente per aver generalizzato, da questi pochi dati, delle convinzioni (delle mappe) inossidabili, resistenti nel tempo. D’accordo, si disse Claudio Ciaravolo: erano fatti, e non parole, quelli che volevano? Li avrebbero avuti. Dal momento che il loro approccio alla realtà non risultava modificabile (a provarci, Claudio Ciaravolo ci aveva provato), Claudio Ciaravolo decise che ne avrebbe fatto un punto di forza. Avrebbe “ricalcato” (cioè cavalcato) il loro stile. Per farli cambiare avrebbe utilizzato proprio questa loro grande fiducia nei fatti. Visto che le loro mappe dipendevano da fatti - secondo loro - “oggettivamente negativi”, per cambiarle radicalmente gli sarebbero stati forniti dei fatti ”oggettivamente positivi”. Ne sarebbero bastati pochi: a farli diventare generatori di una nuova mappa ci avrebbero pensato loro stessi, grazie all’accertata tendenza a generalizzare a partenza da pochi dati (di fatto). Ma come può uno psichiatra far accadere degli eventi positivi che cambino nei fatti la vita del paziente? A tutta prima, la cosa pare impossibile. Ma Claudio Ciaravolo non soltanto sapeva il fatto suo (nel senso che era un buon professionista): sapeva pure i fatti loro. Conosceva i particolari più minuti della vita dei suoi pazienti, che glieli raccontavano in terapia. Perciò poteva interferire con la loro realtà spicciola, quella di tutti i giorni. Se fosse riuscito a cambiarla in positivo in due o tre occasioni significative, avrebbe potuto generare una reazione a catena: la “generalizzazione negativa” tipica di questi pazienti si sarebbe trasformata in “generalizzazione positiva”. I pochi “successi” (artificialmente indotti da Claudio Ciaravolo) avrebbero prodotto una nuova mappa. Stabile, per di più: Claudio Ciaravolo - che conosceva perfettamente il p. -, sapeva infatti con precisione quali mappe i “fatti nuovi” (spontanei, secondo i pazienti, ma in realtà progettati a tavolino da Claudio Ciaravolo e dalla sua equipe ) avrebbero prodotto, e quindi faceva “succedere” proprio quelli. Dalla nuova mappa ottenuta per generalizzazione sarebbero scaturiti dei nuovi comportamenti: proprio quelli che il paziente diceva di volere, e che nonostante tutti i suoi sforzi non riusciva ad ottenere. Al termine del processo, la mappa del paziente – e di conseguenza i suoi comportamenti - sarebbero cambiati. Se non si fosse raggiunto il risultato previsto, ci si poteva tranquillamente riprovare: il paziente avrebbe continuato ad essere all’oscuro di tutto. Quando tutto andava bene, il circolo vizioso invertiva il suo senso di marcia, diventando un circolo virtuoso: sull’onda dei nuovi eventi positivi (che il paziente non sospettava essere stati provocati da un intervento esterno), il soggetto modificava le sue opinioni su di sé: e quindi generava da sé dei nuovi comportamenti, senza bisogno dell’equipe di Claudio Ciaravolo Questo tipo di terapia (subliminale quanto la strategica, ma ancor più nascosta, in quanto avveniva in un ambiente ritenuto fuori del controllo dello psichiatra: il mondo), Claudio Ciaravolo la definì “terapia stradegica”: perché avveniva per la strada, ad opera di collaboratori insospettabili, “stradegicamente” dislocati sul territorio. La terapia stradegica, messa in atto quando quella strategica aveva avuto effetti modesti, funzionava benissimo.Ma non funzionava sempre.

Rimaneva ancora una piccola sacca di resistenza: una piccola quota di pazienti che non riusciva a trarre giovamento nemmeno da questo nuovo tipo di intervento che combinava insieme la terapia subliminale strategica e quella stradegica. Fu grazie alla necessità di occuparsi di loro che Claudio Ciaravolo finì per occuparsi, in seguito, di televisione, realizzando una serie di filmati che avrebbero contribuito in un primo momento ad aumentare la flessibilità delle persone, e poi, in maniera inaspettata, a distanza di anni, a (di)mostrare come nascono, crescono e si diffondono le leggende metropolitane. Fino a diventare il primo legendmaker (fabbricatore di leggende metropolitane) e successivamente il primo legendbuster (demolitore di leggende) della storia. Ma per arrivare a questo ci sarebbero voluti molti anni ancora. Lavorando con questi pazienti particolari , Claudio Ciaravolo si era accorto che fornirgli un numero maggiore di fatti nuovi “positivi” non solo era inutile, ma era addirittura controproducente. In effetti, erano stati proprio i fatti nuovi (“stradegicamente” provocati dall’equipe di Claudio Ciaravolo), e la loro conseguente generalizzazione, a turbarli profondamente. Era come se si fossero detti: “OK, mi ero fatto delle idee sbagliate su me stesso. Ma visto che ho sbagliato una volta nel valutare me e il mondo, chi mi garantisce che non sbaglierò ancora?” Si erano insomma spaventati della scoperta che di mappa non ce n’è una sola: che ciascuno se ne può costruire tante, a seconda del momento, e del bisogno. Sapere di essere imprevedibili anche per se stessi li faceva star male. Essere coerenti non è un optional. Per nessuno. La coerenza sarà forse un tantino monotona, ma è così comoda (conveniente)! Mette al riparo dai cambiamenti, e dalle brutte sorprese: guardando a ciò che sono stato ieri, io – essendo una persona coerente – posso sapere cosa sono oggi, e soprattutto come sarò (e specialmente cosa farò) domani. Questi (pochi, per fortuna) irriducibili vennero chiamati da Claudio Ciaravolo “iper-coerenti”. Il fatto che la loro vita non seguisse una linea retta: che il loro presente non fosse “coerente” col passato li faceva soffrire terribilmente. Per il loro grande bisogno di sicurezze e di punti di riferimento, l’idea di un mondo non orientato dalla stella polare della coerenza li poneva in una situazione difficile da accettare. Insomma: rinunciando alle vecchie mappe, e tracciandone di nuove, questi pazienti avevano la spiacevole sensazione di smarrire la rotta, e di perdere la faccia. Davanti agli altri, ma soprattutto davanti a se stessi. (Accettare) la provvisorietà e la non definitività delle mappe significava infatti necessariamente ammettere di essersi sbagliati a lungo, e pesantemente. Sul mondo, ed è già grave: ma anche su se stessi. E questo era per loro francamente inaccettabile. Rinunciare (o quanto meno depotenziare notevolmente) la coerenza è particolarmente doloroso (e qualche volta impossibile) per i rigidi, tenacemente aggrappati ad immutabili certezze: ma non si può dire che sia indolore anche per i non-rigidi, che sono poi la grandissima maggioranza della popolazione. Diciamola tutta: riconoscere di aver preso un abbaglio, di aver sbagliato le proprie valutazioni (specialmente in ambiti importanti come l’opinione di sé, o le proprie idee sul mondo) non fa piacere a nessuno. Il bisogno di tenere legati in un insieme coerente passato, presente e futuro: di mettere “in linea” quel che ci succede oggi con quanto ci è successo ieri, così da poter contare su dei criteri-guida per il futuro, ce l’abbiamo tutti, senza eccezioni. E’ un modo per sentirci più sicuri: pensare che tutti gli avvenimenti seguano un filo logico ci serve infatti per poter - almeno in parte - prevedere quello che avverrà domani. Ma la differenza che passa tra noi e un ipercoerente sta tutta qui: se diventa necessario rinunciare per un tratto alla nostra coerenza, ammettendo di aver agito in una maniera che non sappiamo compiutamente spiegarci, riusciamo a farlo, pur se non ci fa piacere. Il “sempre coerente” invece non ci riesce. Pur di dare un senso logico a una stupidaggine che è magari stato indotto a fare, si costringe a dirne (e a farne) delle altre. E finisce (a volte proprio per questo) dallo psichiatra. Ma come intervenire a favore dei “ sempre coerenti”, e delle tante (troppe!) persone per le quali la coerenza è comunque un valore da salvaguardare? Questa volta non sarebbe stato necessario nè l’invio di messaggi nascosti nè interventi fuori ordinanza (cioè fuori del suo studio): in aggiunta alla già somministrata terapia subliminale, Claudio Ciaravolo fece vedere a questi pazienti un filmato che li metteva in guardia – in maniera abbastanza chiara, manifesta, non occulta - contro i rischi della “coerenza a tutto campo”. E, per contro, sottolineava i vantaggi della flessibilità. Per capirci: alla terapia subliminale strategica – fatta di messaggi nascosti diretti a cambiare le mappe – Claudio Ciaravolo affiancava la “somministrazione” di filmati. Ai messaggi destinati a raggiungere il paziente passando per le orecchie, Claudio Ciaravolo ne aveva aggiunti degli altri (presenti nel filmato) che dovevano andare a segno attraverso gli occhi. Il filmato mostrava le due situazioni che più ci spaventano: essere fregati, e renderci ridicoli. Se poi pensiamo che le due cose ci possano accadere insieme: che cioè ci possono fare fessi ridendoci dietro, sudiamo freddo. Ebbene, proprio questo veniva fatto vedere ai p. nel filmato preparato da Claudio Ciaravolo : degli individui che, pur di mostrarsi coerenti con quanto erano stati abilmente indotti a dire o a fare, s infilavano in un esilarante (per gli spettatori, non per lui) cul de sac, dal quale non erano più in grado di tirarsi fuori. Dopo avervi assistito, molti pazienti migliorarono. La cosa, in fondo, non era poi così sorprendente: a colpire Claudio Ciaravolo fu invece il vantaggio che dalla visione di questo filmato ricavarono inaspettatamente alcuni tecnici che ci avevano lavorato in fase di allestimento: operatori, fonici, montatori. Abituati a filmare e montare le immagini più disparate senza farsi coinvolgere troppo, molti di loro confessarono – con un certo stupore - di esserne rimasti colpiti. Da quel momento, avevano cominciato a domandarsi se, quando cercavano di essere coerenti, non diventassero per caso un po’ ridicoli. E oltretutto, prevedibili: così da rischiare di rimanere vittima di truffatori esperti nel settore. Il filmato mostrava chiaramente come l’eccessiva rigidità di certi personaggi, decisi a mostrarsi a tutti i costi ragionevoli e (difendere sempre e comunque il proprio operato, anche quando si era trattato di un comportamento assolutamente poco razionale che erano stati indotti a tenere di fronte alla telecamera), poteva renderle facile preda di profittatori senza scrupoli (in questo caso, di Claudio Ciaravolo e dei suoi collaboratori…) Vedere (e rendersi conto di) tutto questo aveva dato agli osservatori la possibilità di ipotizzare una reazione differente rispetto a quella dei protagonisti del filmato: e questa nuova, maggiore flessibilità aveva dato loro un senso di libertà decisionale che fino a quel momento non avevano mai provato.Il vantaggio concreto che avevano procurato a delle persone normali (per intenderci, a dei non-inflessibili), suggerì a Claudio Ciaravolo l’idea che questi filmati potessero svolgere una importante funzione di prevenzione. Avrebbero infatti mostrato alla gente che, quando un comportamento è inadeguato, lo si può sostituire con un altro più adatto. E che si può tornare indietro, non solo senza perderne in immagine e in dignità, ma anzi accorgendosi che spesso è la strada migliore da prendere. Quest’intervento preventivo sarebbe insomma andato a beneficio non tanto dei pazienti (che comunque, per imparare a fronteggiare l’ipercoerenza, avevano a disposizione il proprio terapeuta), quanto della gente comune, che invece se la deve cavare da sola: vedendo quali fesserie si costringeva a dire e a fare chi voleva mostrarsi per forza logico e coerente, forse alcuni avrebbe scelto di comportarsi in modo diverso. C’erano insomma delle probabilità che questo filmato potesse avere un effetto preventivo indiretto sulla gente. Si poteva passare senz’altro alla verifica. L’operazione non presentava rischi: effetti collaterali indesiderati non ce n’erano. Nella peggiore delle ipotesi, il messaggio non sarebbe stato “preso” dallo spettatore: ma in nessun caso gli avrebbe fatto male. Un po’ come accade per tutti i messaggi subliminali, d’altra parte. Ma come arrivare al grosso pubblico? Ci sarebbe voluta la televisione. E nemmeno una piccola, privata: per effettuare una vera prevenzione di massa ci voleva quella grande, quella pubblica: la RAI (era il 1981, e il suo monopolio appariva inossidabile: Mediaset era di là da venire). Con la RAI Claudio Ciaravolo era in rapporto già da qualche anno: all’inizio era stato chiamato a partecipare come ospite in trasmissioni legate alla sua professione di psichiatra e di comunicatore, e in seguito aveva anche ricevuto, e accettato, la singolare proposta di divenire autore e regista di uno dei più importanti programmi radiofonici di attualità, in onda su Radiouno due volte alla settimana. Non gli fu difficile perciò far vedere ai dirigenti RAI il filmato che aveva girato, e che ormai girava - con grande consenso - per convegni e seminari. Oltre che per gli studi di colleghi che lo avevano acquistato per farlo vedere ai loro pazienti. Il filmato che portò in RAI come “numero zero” di un’eventuale serie era insomma già testato: oltre che utile, chi lo aveva visto lo aveva trovato divertente come un programma di varietà. I dirigenti della RAI a cui fu fatto vedere lo trovarono molto particolare, e divertente: da notare che la sua possibile valenza preventiva (e in qualche modo terapeutica) non fu assolutamente sottolineata da Claudio Ciaravolo. Tutto questo era in linea con i suoi precedenti interventi: così come subliminali erano state la terapia strategica e quella stradegica, altrettanto nascosti sarebbero stati questi tentativi di prevenzione tramite video. Il filmato fu cioè presentato come proposta di un programma di varietà, divertente ed eversivo: la faccia opposta (ma altrettanto godibile) della celebre Candid Camera, dal momento che in questo caso la telecamera era del tutto visibile, invece che nascosta. Fu cosi che Claudio Ciaravolo fu divenne autore e regista per RAIDUE, di una serie di filmati che andarono in onda tra la primavera e l’estate del 1981. Quale effetto abbia avuto quest’operazione in termini di prevenzione dei danni da coerenza, è difficile dirlo: un campione testato da Claudio Ciaravolo prima e dopo la visione dei filmati mostrò peraltro un certo aumento della flessibilità nell’affrontare i problemi nel 62% dei casi. All’esame di questi filmati che mostravano i pericoli della coerenza ad oltranza, e – per contro – i vantaggi della flessibilità, Claudio Ciaravolo dedicò la sua tesi di specializzazione in Psichiatria, discussa nel luglio dell’81 presso la cattedra di Psichiatria dell’Università di Napoli, e premiata col massimo dei voti e la lode. Da allora ha continuato a sperimentare tecniche subliminali che rendessero più facile non solo la guarigione ma anche la crescita personale. Ha ormai sostituito quasi completamente l'attività di psicoterapeuta con quella di trainer. Attualmente insegna come diventare fortunati a tutti gli psicoterapeuti che affollano i suoi corsi di formazione in fortunologia. La nuova divertentissima branca della psichiatria che ha inventato. I corsi sono rigorosamente gratis.


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