Claudio Ciaravolo Fortunologo
Nell’immaginario, Gastone è appunto il simbolo della fortuna sfacciata. Lui non fa nulla di nulla per meritarsela: se ne sta immobile, tanto lo sa che sarà Lei a trovare lui. Il massimo della fatica, dopo essersi svegliato tardi, e aver fatto un’abbondante colazione, è fare quattro passi sotto casa. Nella certezza che verrà chiamato a prendersi cura di un povero portafogli smarrito, o di una bella ragazza in cerca di un’indicazione stradale, e così via. Ma tutto questo succede solo nella fantasia degli invidiosi (e degli scansafatiche). Nella realtà, ai test i Gastoni si rivelano persone attive e intraprendenti; è gente che tiene gli occhi bene aperti sul mondo. Non per evitare delle fregature: perché gli piace. Se, andando a un appuntamento, a un incontro, il “fortunato” resta imbottigliato nel traffico, non si dispera, e non considera quel tempo come gettato via: si guarda intorno, fa una telefonata (con l’auricolare!), riflette. E se è a piedi, dà un’occhiata a un negozio in cui c’è qualcosa che lo interessa (è facile che ne incontri: il fortunato, lo dimostrano i test, ha molti più interessi dello sfortunato). Così facendo, è facile immaginare che non sarà sempre puntuale; ma – e lui lo sa – il rapporto costi/benefici di quest’atteggiamento è a suo favore. D’altra parte, non saprebbe fare altrimenti. Nei suoi studi di fortunologo, Ciaravolo ha riscontrato che i Paperini sono in effetti molto più puntuali dei Gastoni. Per forza: vanno dritti per la loro strada, senza fare digressioni, e così arrivano per tempo. Chi è sfortunato si lascia dominare dalle scadenze e dagli impegni, e così diventa meno disponibile verso il mondo e verso gli altri. Meno attento alla realtà, finisce per vivere in un mondo chiuso, poco ricettivo. Col rischio che se la fortuna (intesa come caso) gli passa accanto, manco la vede. Di questo “restringimento del campo attenzionale”, per così dire, Ciaravolo ebbe la conferma attraverso un celebre esperimento. Dopo aver consegnato la stessa rivista sia ai fortunati che agli sfortunati, chiese loro: “Quante illustrazioni ci sono in questo giornale?” Tutti risposero esattamente. I Paperini esaminarono coscienziosamente tutte le pagine, e in poco tempo diedero la risposta esatta: 46. I Gastoni se la presero comoda (nessuno gli aveva detto che bisognava fare in fretta). Anche loro indicarono il numero esatto delle illustrazioni, ma il 70% di essi segnalarono di non aver sfogliato l’intera rivista. A pag. 23, riferirono, c’era una scritta che diceva: “Le immagini contenute in questa rivista sono 46”. Questo significa che, al contrario degli sfortunati, la cui attenzione si era selettivamente orientata al solo conteggio delle illustrazioni, i fortunati, mentre eseguivano il compito, si erano pure leggiucchiati il giornale. Inoltre, un buon 15% di questo 70%, a test ultimato, chiese timidamente: “Credo di dover ricevere 50 euro….A pag. 75 c’è scritto, in piccolo: se leggi questa riga, fallo presente, e riceverai 50 €.” Questo gruppetto di fortunati aveva dunque continuato a “guardarsi” la rivista (almeno) fino a pagina 75, pur avendo ormai già saputo (a pag. 23) quale fosse il numero delle illustrazioni. Restando sul tema del tempo, i test evidenziarono che mentre i Paperini tendono a farsi schiavizzare dagli impegni e dalle scadenze, i Gastoni invece il tempo lo padroneggiano: prendendosi delle pause quando ne hanno bisogno, e non soltanto quando se lo possono permettere. In questo modo vivono in maniera assai meno stressante. Il mezzo per arrivare al fine che si sono prefissati non è per loro un percorso faticoso: al contrario, percorrerlo è piacevole. Perché ci trovano sempre qualcosa di interessante, se non di divertente. Sempre secondo i test, Paperino è pignolo, perfezionista e scarsamente indulgente nei propri confronti, e nei confronti dei suoi simili. Ed è poco interessato agli altri, se non per gli aspetti che lo riguardano. Paperino parla molto del passato e del futuro, e poco del presente. E si lamenta parecchio, specialmente di come va il mondo: che però, (ne è convinto), non si può cambiare. Lo “sfortunato” è fatalista: quando le cose gli vanno male – e accade spesso - la colpa è degli altri, e/o della sfortuna che lo perseguita. In ogni caso, è convinto di aver fatto il possibile: secondo lui, i fattori ambientali (esterni a lui) sono molto più importanti di quelli decisionali (che dipendono da lui). Per questo lo “sfortunato” è spesso (al di là delle apparenze) una persona pesante, sgradevole, pronta com’è a sottolineare i difetti e le inadempienze degli altri. Il fortunato è esattamente il contrario: è più rilassato, più flessibile, e meno stressato dello sfortunato. Lo è anche quando affronta dei compiti e delle prove nuove, o quando va a dare un esame. Da dove nasce tutta questa tranquillità? Dal fatto che non si sente messo in discussione dall’esito di quell’esame, o di quella prova. La sua “okayness” non dipende da quello. Il “fortunato” non penserebbe mai: “sono stato bocciato perché sono un incapace”. L’insuccesso non mette in crisi il suo hardware, ma solo il software: il programma impiegato per raggiungere quell’obbiettivo. Se non si è rivelato adatto, ne userà un altro. Il “fortunato” è insomma pronto a riprovarci, dopo avere esaminato attentamente i motivi dell’insuccesso, e aver corretto gli errori. Nuovo insuccesso? Altra correzione di rotta, e altro tentativo. E’ del tutto evidente che la correzione è possibile solo se si ritiene che il risultato dipenda dal proprio comportamento. Sia gli sfortunati che i fortunati sono capaci di rinunciare in ugual misura ai propri averi per aiutare chi soffre. Solo i fortunati però rinunciano al proprio modo di essere per raggiungere un obbiettivo. Contrariamente ad ogni precedente valutazione i test hanno mostrato qualcosa di veramente sorprendente. Fortunati si nasce? Una cosa è certa: fortunologi si diventa. Anzi, ci si inventa; come sempre, per caso. Il primo ad essersi specializzato in fortunologia è stato ovviamente Claudio Ciaravolo, l’inventore stesso di questa branca della psichiatria. Claudio Ciaravolo, psichiatra di nascita e napoletano di professione, prima che fortunologo è conosciuto in tutto il mondo come legendbuster.E’ da tempo considerato uno dei maggiori studiosi dei meccanismi di diffusione delle leggende metropolitane: di quelle storie false che circolano per il mondo come vere, con decine di migliaia di testimoni oculari. Tanti, e tutti falsi, dal primo all’ultimo. Studiando le leggende che hanno per protagonista uno dei dominatori dell’immaginario napoletano, lo jettatore; colui che “jetta”, getta intorno a sé la sfortuna e il malocchio, Ciaravolo è rimasto impigliato nell’aggrovigliato gomitolo tessuto dalla fortuna, e lo ha dipanato, diventando appunto un “fortunologo”: un esperto nel settore. Così esperto da tenere corsi in molti Paesi in cui insegna come si diventa fortunati: o come si possa cambiare l’idea che abbiamo della Fortuna (il che è lo stesso). Ma vediamo come Ciaravolo si è costruito l’esperienza su cui si basa la sua professionalità. Per cominciare, secondo un rigoroso procedimento scientifico, occorreva procurarsi i soggetti da studiare: i fortunati, e gli sfortunati. Una volta individuate, le due categorie andavano messe a confronto, per determinarne le differenze. Per reclutare i sedicenti sfortunati, (“i Paperini”), Claudio Ciaravolo mise a loro disposizione, sul sito www.sfigato.it, una S-mail specifica: un indirizzo in cui al proprio nome e cognome lo sfortunato poteva far seguire, dopo la chioccioletta, la dicitura “sfigato.it.” Per esteso: mariorossi@sfigato.it. Il successo dell’iniziativa fu enorme: chi si considera sfigato vuole che lo sappiano tutti. Il messaggio è “Se non ho combinato niente di buono, non è perché sono un incapace: è solo perché sono uno sfigato!”. Perciò, non gli par vero di poterlo addirittura scrivere nel proprio indirizzo di e-mail. A questo punto Ciaravolo possedeva un numero sufficiente di contatti con individui che si ritenevano sfortunati. Adesso si trattava di reclutare i fortunati: i “Gastoni”, per intenderci. Alcuni li fece interpellare dagli sfortunati stessi, e gli altri li contattò attraverso annunci messi sui suoi siti www.leggende.it e www.bufale.it. Reclutati i soggetti da esaminare, Claudio Ciaravolo testò entrambi i gruppi chiedendo loro di indovinare una sequenza di numeri. Inutile dire che i risultati si rivelarono perfettamente sovrapponibili: i “fortunati” “azzeccarono” tanti numeri quanto gli “sfortunati.” Di fronte alla fortuna intesa come Caso sia i fortunati che gli sfortunati erano indistinguibili.
Ma allora in cosa si differenziano quelli che tutti sanno essere fortunati da coloro che possono dimostrare,senza ombra di dubbio,di essere sfigati? E non è forse troppo semplice che la questione,in tanti casi molto seria, possa continuare ad essere liquidata dalla psicologia col meccanismo della profezia auto-avverantesi per cui basta ritenersi fortunato per esserlo davvero? E pur riconoscendo al meccanismo dell’attenzione selettiva che tende a farci ricordare soprattutto quello che conferma le nostre credenze un ruolo importantissimo nel consolidare l’idea di essere più o meno fortunati,Ciaravolo era convinto che la scienza non poteva rispondere a molte domande sulla fortuna senza una sperimentazione seria e corretta che non escludesse a priori l’esistenza stessa di persone fortunate(a cui le cose esaminate in maniera obbiettiva andassero meglio che ad altri). Con l’aiuto di matematici e statistici che parteciparono a molti screening iniziali Ciaravolo cominciò una lunga, straordinaria e divertentissima sperimentazione che lo avrebbe portato a fare scoperte entusiasmanti. La sua equipe (composta da matematici,psichiatri e un biologo) all’inizio sottopose i due campioni ad un questionario. Venne fuori da subito con molta chiarezza che il gruppo dei fortunati era fermamente convinto di esserlo solo nel 7%. Pur conoscendo quello che si diceva di loro(erano stati reclutati sulla base di testimonianze e indicazioni dei loro amici)la maggior parte (il 93%) dava poca o nessuna importanza alla fortuna. Gli sfortunati al contrario erano convinti di esserlo nel 98%. L’interpretazione che l’idea di fortuna e sfortuna sia utile per sminuire le capacità altrui o per avere alibi condivisi socialmente per i propri insuccessi pur non avendo bisogno di ulteriori conferme,le ebbe. Ciaravolo sottopose poi i due gruppi ad una serie di test di intelligenza, e fece una prima, interessante scoperta: l’idea di essere fortunato o sfortunato non dipende dall’intelligenza del soggetto. I livelli di QI dei Paperini e dei Gastoni sono infatti praticamente identici. Essere fortunati o sfortunati non dipende insomma da quanto si è intelligenti. I test di suggestionabilità diedero risultati analoghi. La differenza sta invece nel modo di porsi di fronte alle cose; nella maniera di affrontare la vita, Sottoponendo (on-line) sia i Paperini che i Gastoni ai più accreditati test di personalità, Claudio Ciaravolo ricavò delle inaspettate notizie sul loro rispettivo modo di stare al mondo. Che si è rivelato diverso anche nelle piccole cose. Ad esempio la modalità di navigazione in Internet. In fondo, il Web è una metafora della vita: c’è dentro tutto il meglio e tutto il peggio, il vero mescolato al falso. Ebbene, quando naviga, Gastone lo fa in “serendipity”: pur avendo un obbiettivo preciso da raggiungere, si lascia cioè distrarre da tutto ciò che di stimolante e di curioso incontra durante la navigazione. Spesso finisce così nel trovarsi in un posto assai lontano da quello in cui voleva originariamente arrivare, ma per lui va benissimo, perché gli si sono aperte altre possibilità e altre prospettive. Paperino invece (posto che il computer ce l’abbia-le novità non lo attirano) punta subito alla meta, senza lasciarsi distrarre. Cerca di fare quasi tutto prima possibile.E’ facile comprendere come facendo così non perda del tempo, ma si perda degli “incontri” casuali con delle cose che potrebbero cambiargli la vita (e la sorte). Il nome “Gastone” si riferisce naturalmente all’archetipo della persona fortunata, rappresentata appunto, nei fumetti di Disney, da “Gastone Paperone”. Una sorta di dandy ozioso e vanitoso, che non svolge alcuna attività produttiva. Ilfortunato non è l’eroe eponimo del “positive thinking”, del pensiero positivo che apre tutte le porte; non è, come potrebbe sembrare, un ottimista. I test hanno dimostrato che gli ottimisti ad oltranza sono gli altri: gli sfortunati. E’ facile capire perché: lo sfortunato si costringe ad essere ottimista, perché la sola idea di fallire lo getta nello sconforto più nero. Perciò cerca di superare la paura con un ossessivo “andràtuttobene andràtuttobene andràtuttobene”. Questa specie di sciocca autoipnosi spesso si scontra con la realtà: andrà tutto bene se avrai fatto tutto quanto serviva perché le cose andassero bene. Se questo non è avvenuto, e quindi le cose vanno male, lo Sfortunato subisce un duro colpo: e ha il terrore di riprovarci. Ormai non “si fida” più di se stesso (e con le strategie che ha, fa benissimo….) Il fortunato invece va coi piedi di piombo: le possibilità di un fiasco, a lui che non teme di prospettarsele, naturalmente ci sono, e bisogna mettere in atto delle misure concrete (e non autosuggestive!) per ridurle al minimo. Se poi va male, poco male; ci riproverà, aggiustando il tiro. I test si sono incaricati di mostrare che il fortunato è più umile dello sfortunato, perché è pronto ad imparare da chiunque, senza far caso al suo pedigree. Perciò ascolta tutti, con autentico interesse. La maggiore apertura del “fortunato” verso il mondo, e la sua maggiore rilassatezza (che dipende anche dal fatto che non si sente sempre in credito nei confronti della vita: anzi), fa sì che venga considerato mediamente più simpatico di chi si crede sfortunato. Questa maggiore “gradevolezza sociale” procura ovviamente al fortunato più possibilità di incontri, di occasioni di lavoro e di divertimento; e ciò aumenta le probabilità che, tra tante opportunità, qualcuna vada a buon fine. L’effetto di questo maggior numero di occasioni viene potenziato dall’atteggiamento con cui il “fortunato” le accoglie: flessibile, rilassato e privo di pregiudizi com’è, si trova infatti nella migliore posizione per approfittarne. Insomma, fortunati non si nasce. Ma lo si può diventare, se si guarda alla vita in un modo diverso. E se si cambiano le strategie operative. Dal momento che più si prova, più aumentano le possibilità di riuscire, è utile attrezzarsi all’errore. Vedendolo come un vantaggioso strumento di passaggio dall’insuccesso al successo, e non una mortificazione delle proprie capacità (o peggio, la conferma delle proprie incapacità). Nei corsi che tiene in qualità di fortunologo, Ciaravolo insegna ad essere abbastanza audaci da provare a cambiare le proprie mappe del mondo. Adottando quelle giuste non c’è bisogno che il Caso, imprevedibile com’è, ci dia una mano per avere successo, e per vivere felici, contenti e in buona salute. C’è bisogno di ricordare che meno stress significa minori probabilità di ammalarsi, maggiore capacità di non eccedere col cibo, per non parlare della possibilità di evitare alcol e fumo? Per fortuna, di coraggio (e di voglia di cambiare) in giro ce n’è tanta. Le richieste di adesione ai suoi corsi per diventare fortunati (nei quali insegna come approfittare di tutte le opportunità che la vita ci offre; come diventare cioè “offortunisti”) sono sempre più numerose. Ultimamente decisamente troppe. Forse solo perché Ciaravolo è stato ripetutamente ospite a raidue e raiuno. L’interesse reclutato dai suoi interventi ha fatto lievitare ancor più il numero delle richieste di partecipazione ai corsi. Così, alla fine, per non dover lavorare troppo (Ciaravolo è tra quei fortunati che lavorano poco, e solo a quello che gli piace) ha pensato di attivare una scuola di formazione per fortunologi. E’ per questo che dal 2006 sono disponibili molti corsi tenuti da fortunologi professionisti (tutti all’origine psichiatri o psicologi ) che insegnano ad essere fortunati. Per essere sicuri che si tratti di un fortunologo professionista basta chiedergli l’email. Solo quelli autorizzati hanno l’indirizzo nomecognome@fortunologo.it che viene rilasciato esclusivamente a chi ha superato gli esami di abilitazione della scuola di specializzazione in fortunologia.